CARO ITALO


Insolera (1): Peter Kammerer erinnert an den Architekten und Stadtplaner Italo Insolera

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Italo Insolera (zusammen mit Giusa Marcialis) 1971

Roma/UrbinoItalo Insolera (1929-2012) hat im Jahre 1962 mit “Roma moderna” das Standardwerk zur modernen römischen Stadtentwicklung geschrieben, das seither in zahlreichen Auflagen jedes Mal erweitert und aktualisiert erschien, zuletzt im Jahre 2011. Insolera interessierte sich besonders für die Wachstumsgesetze der Stadt. Er setzte sich für eine nachhaltige Wiedergewinnung des historischen Stadtbildes durch Vorschläge etwa zur Begrenzung des Verkehrs und für Restaurierungen ein. Zugleich stellte er das Problem der Peripherie: “Il piano della città comincia fuori della città”. Eine Erinnerung von Peter Kammerer an den Freund ist jetzt in dem Band “Italo Insolera fotografo“ (AA.VV., Palombi Editori) erschienen, der dem (bislang unbekannten) Fotografen Insolera gewidmet ist.

Sapevo ben poco

Sapevo ben poco delle fotografie che Italo Insolera ha fatto per più di 50 anni. Nel 1957 lui aveva pubblicato nel primo numero dei “Quaderni dell’Istituto di Urbanistica” una ricerca svolta ancora da studente insieme a Sergio Danielli sui Comuni dei Monti Prenestini. E` stato, penso, il suo primo incontro con “campagne che si destavano appena da una quieta vita georgica” (Plinio Marconi). Non ho dubbi che Italo cogliesse i drammi nascosti dietro le immagini della “quieta vita”. Lo dimostra il suo interesse per gli spostamenti di massa di milioni di persone che raggiungevano proprio nel periodo 1957-1964 una dimensione mai conosciuta prima. Infatti l’aspetto innovativo del lavoro sui Comuni Prenestini è costituito oltre che dall’uso della fotografia, dalla tesi di fondo che Italo riassumeva così: “Il piano della città comincia fuori della città”; “Se crediamo che le città moderne non debbano essere un puro dormitorio di mano d’opera, diventa di straordinaria importanza l’analisi della natura, delle tendenze, delle abitudini dei nuovi cittadini”. Solo ora, collaborando a questo volume, ho capito che l’enorme materiale fotografico raccolto da Italo doveva servire proprio a questa conoscenza. Il suo modo di vedere aveva bisogno di distanza. Faceva non uno, ma se necessario anche molti passi indietro nella storia, nel paesaggio, nell’ambiente. Non prendeva il contesto come dato ma lo costruiva con l’occhio. I suoi interessi interdisciplinari gli permettevano di cogliere molti punti di vista. Imparare e insegnare il “saper vedere“ è stato l’obiettivo costante nella sua vita e nel suo lavoro. Penso che il fotografare abbia avuto per lui la stessa funzione svolta dallo scrivere per il saper pensare.

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Via Appia Antica circondata da cartelloni pubblicitari – fotografata da Insolera 1955

Ho avuto la fortuna

Ho avuto la fortuna di lavorare con Italo nel Piano paesaggistico per la Gallura (1965/66) e al successivo “Piano di Teramo”, un piano per lo sviluppo turistico del litorale abruzzese e del Gran Sasso (1967). Era il periodo del Centro-Sinistra che tentava di rinnovare la politica italiana proponendo piani e programmazione. La società voleva ragionare, conoscersi ed agire attraverso il piano e noi, come tanti altri impegnati nella nascente pianificazione territoriale, volevamo contribuire fornendo degli strumenti. Non sapevamo ancora che il fallimento della riforma urbanistica (delineata nel 1963 da Fiorentino Sullo) avrebbe bloccato e vanificato ogni serio tentativo di programmazione.

Se è vero

Se è vero che “il piano della città comincia fuori della città” è vero anche che il senso del tempo di lavoro risente della qualità e dei modi del tempo libero. E viceversa. Le immagini che Italo ha scattato nei grandi appuntamenti collettivi riguardano tutte il “terzo tempo”, cioè il tempo non di lavoro e non di “casa”, in cui “si fa ‘altro’ da ciò che si ‘deve’” e che “ha un ruolo prioritario di recupero della socialità”. Protagonista di queste immagini è la folla, non quella cieca e nemmeno quella casuale, ma quella che si “riconosce” in qualcosa di comune. Il presente volume coglie quattro momenti di questo tipo: una visita al santuario del Divino Amore, i funerali di Togliatti, una processione sull’isola di Ponza, la festa nazionale dell’Unità del 1984. Il Santuario del Divino Amore (1959) è meta di “sempre crescenti schiere di devoti” (TCI, Roma) da quando, alla fine del ‘ 700, un uomo assalito da cani furiosi attribuì la sua salvezza all’immagine della Madonna, ora custodita nella chiesa.

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Il Santuario del Divino Amore  (1955)

La modesta architettura

La modesta architettura, la solitudine in piena campagna romana, la vicinanza sia al raccordo anulare, sia ai monumenti millenari dell’Appia Antica e il gran numero di grazie ricevute danno a questo luogo una cornice di sagra paesana imbevuta di una devozione popolare antica e moderna. Molti visitatori si fanno fotografare davanti a immagini con aeroplani apparsi qui probabilmente alla fine degli anni ‘ 20, quando il radiotelegrafista della spedizione Nobile precipitata nel 1928 sui ghiacci del Polo Nord ha offerto alla Madonna la cuffia della radio, divenuta strumento di un salvataggio miracoloso. Intere famiglie, suore, un prete e un chierichetto tengono in vita questo luogo. Antonio Cederna, che lo visita, si fa prendere dall’aria di “tempo libero”. Un pallone lo fa muovere “naturalmente” come un Totò o un Charlie Chaplin. Ovviamente dopo si compra la porchetta.

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Roma: ultimo saluto a Togliatti (1964)

I Funerali di Togliatti

I Funerali di Togliatti, il 25 agosto 1964 a Roma, non furono un funerale di stato, ma da tutta l’Italia la gente venne a dare un saluto all’uomo che come nessun altro aveva incarnato nel dopoguerra le speranze delle masse popolari. Tutta la città era tappezzata da manifesti a lutto. Chi era arrivato dopo una notte in treno si riposava al bordo della strada o in qualche bar. Fazzoletti rossi (“Uno straccetto rosso, come quello/ arrotolato al collo ai partigiani”), bandiere e tanti fiori. Tanti giovani, tanti anziani prendevano per un giorno possesso dei Fori Imperiali, la via costruita per altri raduni e parate, e dei viali che portano al Colosseo e al Laterano.

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Ponza – Festa della Madonna della Civita(1974)

A Ponza nel 1974

A Ponza nel 1974, un’altra processione: la Festa della Madonna della Civita. La Madonna attraversa i vigneti e i campi dell’isola. Per millenni prima di lei altre divinità hanno fatto questi percorsi. Nonostante il turismo stia per sostituire i campi, la gente ci tiene a questa festa, che siano locali o oriundi. Anche i giovani. Si vede. Tuttavia la vera sede della Madonna della Civita si trova su una montagna sopra Itri, in terraferma. Nel passato da Ponza si andava alla festa in barca proseguendo poi a piedi o in carrozza. Pare che Pio IX, esule a Gaeta, nel 1849 abbia avuto qui l’ispirazione per il dogma dell’Immacolata. Quello di Itri è un santuario famoso frequentato non solo dal popolo, ma anche da pellegrini devoti all’Immacolata come Andreotti e Giovanni Paolo II.

Festa dell’Unità, Roma 1984

Festa dell’Unità, Roma 1984: i grandi organizzatori di masse popolari in Italia sono stati la chiesa e il movimento operaio. Si sono aggiunte sempre più numerose le manifestazioni sportive. Italo seguiva con grande interesse il ciclismo come testimoniano le sue foto sul Giro d’Italia. Le feste dell’Unità avevano l’obiettivo non solo di organizzare il divertimento del non-lavoro, ma di sviluppare anche il suo carattere sociale e liberatorio. La festa nazionale del 1984 a Roma si tenne nell’area semi abbandonata del Velodromo all’Eur, 33 ettari con strutture per 42 mila metri quadri. Qui Italo non ha fotografato questa “città” effimera bensì la gente che la popolava. Siamo a pochi mesi dalla morte di Berlinguer. Nulla in queste immagini fa presagire che dopo neanche sette anni il partito si sarebbe sciolto e questo “popolo di sinistra” sarebbe scomparso. Chi lo aveva fotografato considerandolo “committente del suo lavoro di urbanista” (cito Alessandra Valentinelli) da questa perdita rimase profondamente segnato.

Oggi si è conclusa

Oggi che si è conclusa definitivamente la grande stagione di partecipazione vissuta dalla società italiana nel dopoguerra, mi piacerebbe vedere le fotografie di Italo come un generoso contributo al “piano” o meglio al suo presupposto, cioè “all’analisi della natura, delle tendenze, delle abitudini dei nuovi cittadini” nei decenni della grande trasformazione del paese.

da: Italo Insolera fotografo. AA.VV. Palombi Editori, Roma /Diano Libri, Modena (2017). 175 pagine, oltre 200 immagini, 24 euro. “Caro Italo” ist der Originaltitel des Textes, die Zwischenzeilen wurden hinzugefügt

Peter Kammerer hat 1966 in den Jahrbücher für Nationalökonomie und Statistik eine Rezension über “Roma moderna“ geschrieben. Dokumentiert wird sie hier: Insolera (2): “Eine faszinierende Stadtgeschichte”