FRIVOLA E LUDICA


Elli Carrano:
Quando il Made in Italy diventa cultura. Il libro “Moda Made in Italy” sul linguaggio della moda e del costume italiano. Un contributo all’inserimento della moda nell’ambito scientifico

La spuma dell'onda - "La grande onda di Kanagawa", lavoro di Katsushika Hokusai 1830 circa

La spuma dell’onda – „La grande onda di Kanagawa“, lavoro di Katsushika Hokusai 1830 circa

Firenze/Milano – “La moda è la spuma dell’onda”, così risponde la scrittrice Dacia Maraini alla domanda riguardo al significato della moda nel mondo accademico, in seno all’intervista che troviamo in postfazione al libro Moda Made in Italy. Il linguaggio della moda e del costume italiano a cura di Dagmar Reichardt e Carmela D’Angelo. Il volume, pubblicato da Franco Cesati Editore, raccoglie una selezione paritaria delle relazioni presentate nella sessione Il linguaggio della moda e del costume italiano del XXI Congresso A.I.P.I. (Associazione Internazionale dei Professori di Italiano, 27-30 agosto 2014) „Est-Ovest / Nord-Sud. Frontiere, passaggi, incontri culturali“. E si propone di offrire un contributo all’inserimento della moda nell’ambito scientifico, in cui riconosce un “vuoto” in tal senso.

Nella prima parte vi sono raccolti i contributi che studiano la moda nella storia letteraria italiana dal Cinquecento ad oggi; mentre la seconda si concentra esclusivamente sulla prospettiva glottodidattica e sociolinguistica, ossia sull’inserimento dell’insegnamento della moda in quanto parte integrante della cultura nella lezione di italiano come lingua straniera.

L’interdisciplinarità degli approcci, nonché l’ampiezza tematica e temporale dei vari campi di ricerca fungono da sostegno alla tesi iniziale del libro: l’abito inteso come habitus, dunque come abitudine sociale, ovvero come un preciso comportamento collettivo, per dirla con Pierre Bourdieu, ma anche come espressione di un determinato Zeitgeist (“spirito del tempo”) in cui si incontrano, si scontrano e si conglomerano non soltanto gli “effetti esteriori e collettivi della psicologia di massa”, ma anche quei “processi interiorizzati, connessi alla ricerca dell’io, all’espressione individuale, all’immagine che portiamo dentro di noi e che vogliamo rivelare intenzionalmente o meno, tramite l’abbigliamento, a chi ci guarda, ammira o osserva” (p.12).

La moda come sistema in sé

Dall’affermazioni di Roberto Cavalli, che si considera “un artista, con l’unica differenza che le mie creazioni si indossano, non si appendono ad un muro” (p. 17) e dall’altro sul pensiero del sociologo e filosofo Pierre Bourdieu, che parla di segni nei vari contesti, o del linguista e semiologo Roland Barthes, che riconosce la moda come vero e proprio sistema in sé, ci si sposta al concetto di cross-dressing, in quanto applicazione nel codice vestimentario del concetto di transgender.

Si ritorna dunque all’affermazione di Dacia Maraini, citata qui all’inizio: “la moda è la spuma dell’onda” – diremmo anche: la punta dell’iceberg, ovvero la parte esteriore, frivola e ludica di un complicato sistema di dinamiche storico-sociali e culturali. La moda è effimera: essa cambia, si evolve, si autodistrugge e rinasce, come una fenice, dalle proprie ceneri, a volte come portavoce di un determinato status quo, altre invece come protesta, sovversione, grido di emancipazione.

L’abbattimento delle frontiere, perlomeno di quelle nozionali, e la conseguente (alquanto) libera circolazione delle idee, favorisce in ambito postcoloniale un concetto di moda transculturale, che supera di gran lunga i confini nazionali, corroborato soprattutto dalla vasta diffusione delle nuove tecnologie, in particolar modo dalla rete: la moda si fa ibrida, multiforme e multietnica e si arricchisce di nuovi contenuti.

Nuove sfide

È dunque con queste nuove sfide che la moda italiana si trova a dover fare i conti: se da un lato, in un Paese come l’Italia, a cui non a caso è stato dato il nome di „Belpaese“, la moda assume una rilevanza particolare e il Made in Italy è molto di più di un semplice modo di apparire (basti pensare alla scena politica italiana, che viene costantemente tradotta in termini di stile), dall’altro si fa sempre più urgente (ri)definire il Made in Italy nel contesto della società globalizzata.

Dal tentativo di tracciare un saldo profilo storico della moda italiana, nella prima parte, al bisogno di “esportare” la moda italiana all’estero, come aspetto fondamentale della sua cultura, l’auspicio del libro Moda Made in Italy è proprio quello di promuovere l’approfondimento accademico dei rapporti della moda con la letteratura, la cultura e la didattica, in direzione di un’espansione su ulteriori campi, “diversi ma intrinsecamente connessi ad essi” (p. 36), che costituiscono terreni ancora tutti da esplorare.

Moda Made in Italy, a cura di Dagmar Reichardt e Carmela D’Angelo
Franco Cesati Editore,Firenze 2016. 228 pp, 28 Euro

(*) Elli Carrano, dottoranda in Germanistica presso l’Università Nazionale Capodistriaca di Atene e insegnante di lingua straniera (italiano e tedesco LS, neogreco L2) all’estero.